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al testo di Ludovico Maradei
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Ho steso una treccia di arterie e di polsi ne ho fatto un ormeggio un po' ornamentale per trattenermi tra l'ombra e il sole il mio corpo di paglia lì incustodito a contare i suoi fili e a cantarli male.
Noi dissipati noi vinti e dispersi innamorati di pochi mestieri noi martiri d'impeto oltraggi e misteri con pesi sugli argini e doni tra i denti, da Arrivederci a rituali gentili, alle dinamiche d'apparenza offriamo un infuso di scorze amare per sacramento del non partire.
Di tutti i risciò in affitto dall'alba dei miei vent'anni rimane un consiglio ben collaudato: "Pane al pane e spire mortali al vino" - ma raccontarmi non resta nuovo e soltanto il telefono squilla piano. |
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